Skip to main content
Wanda Marra

Giornalista de ‘Il Fatto Quotidiano’

Volontaria per il “Progetto carcere” a Campobasso

Un incontro che dà speranza

Torniamo alla conclusione del progetto “Carcere” della Casa Circondariale di Campobasso. Tra qualche resistenza e passi in avanti, una mano tesa pronta alla condivisione, anche di una “merenda” insieme, è l’emblema della ricucitura possibile e della riparazione.

 

Un work in progress. Ecco, in fondo, un laboratorio di giustizia riparativa lo è per antonomasia. Così come lo è il racconto dell’esperienza. Abbiamo lavorato nel carcere di Campobasso da gennaio a maggio, facendo 10 incontri, alcuni più ravvicinati tra loro, altri più distanziati. Un laboratorio Ago e Filo, con l’Associazione IsMes, nell’ambito del Festival della Missione. A percorso concluso, stiamo rielaborando il vissuto, i materiali, le difficoltà, le relazioni, le emozioni che sono uscite fuori. Per arrivare a una narrazione che dia il senso di ciò che è stato. Ma è importante, intanto, mantenere un filo, anche condividendo qualcosa in “itinere”. E allora, ci rendiamo conto che alcuni passaggi sono centrali in un percorso, fatto di onde emotive, di fasi di stallo e di svolte, magari improvvise e impreviste. E si cristallizzano nella memoria alcuni momenti.

Siamo alla fine di marzo. «Ci portate la colazione?», ci avevano chiesto i partecipanti al nostro gruppo come conclusione di tre giorni di incontri molto intensi, ruvidi, ma anche sorprendenti. Manca poco a Pasqua, e allora decidiamo di cogliere l’occasione e presentarci con una sorta di rinfresco. Sul tavolo, ci sono una torta pasquale del luogo («Buona vera», per citare i commenti), una colomba, patatine, coca cola, aranciata, acqua. Sembra una piccola festa, che non è ancora la chiusura, perché ci vedremo ancora, anche se poche volte. Lo zoccolo duro del laboratorio è non solo presente, ma anche piuttosto rilassato. C’è il sole fuori, che alleggerisce ulteriormente l’atmosfera. Mentre stiamo per iniziare, arriva anche la Direttrice del carcere, che avevamo invitato. Con lei due operatrici. L’occasione non è per nulla consueta, anzi decisamente inaspettata. All’inizio, c’è una sorta di gelo. Nel conflitto perenne, che caratterizza la condizione carceraria, l’istituzione è perlopiù percepita come una controparte.

Piano piano, però, l’atmosfera si scioglie. Invitiamo anche uno degli Agenti penitenziari. Alcuni di loro ci hanno assistito e accompagnato, arrivando a volte a sedersi in disparte, incuriositi. Quando uno dei detenuti offre la coca cola alla Direttrice, è tutta discesa. Quella mano tesa si staglia lì, come un’emblema della ricucitura, della riparazione. Lei beve e nel frattempo si mette a discutere con un altro partecipante di un permesso di uscita da lui a lungo richiesto. Il dialogo è tanto animato, quanto rilassato. Intorno, gli altri mangiano, bevono, chiacchierano. Passa qualcuno, non del gruppo: l’invito a partecipare è naturale.

C’è anche chi sceglie di marcare il proprio scetticismo, la propria non adesione, restando in un angolo a studiare la situazione. Ma non se ne va. Qualcun altro racconta frammenti di vita. Le figlie fuori, la cucina, attitudine del passato e del presente: «Mi piace cucinare, a volte cucino per tutti».

La Direttrice coglie l’occasione per un augurio pasquale. Il tempo scorre, naturale. Noi partecipiamo, con l’impressione che si tratti davvero di una piccola festa. La mescolanza e la distensione, il dialogo orizzontale, in cui non ci sono più rappresentanti del carcere, detenuti e mediatori, ma una piccola comunità unita da una “merenda” danno il senso di rapporti possibili, di barriere meno insormontabili.

Poi, mettiamo a posto tutti insieme, spostiamo il tavolo, spingiamo le sedie ai lati della stanza, ci salutiamo. La strada che facciamo tutti insieme verso l’uscita dal “Teatro” dove ci siamo incontrati, noi verso l’esterno, loro verso le loro celle, è il filo di un percorso che continua...

Così come riprenderà e continuerà il nostro racconto.

Wanda Marra

Giornalista de ‘Il Fatto Quotidiano’

Volontaria per il “Progetto carcere” a Campobasso